7 gennaio 2013

IPAZIA


di Mario Luzi   • PRIMA NAZIONALE


Produzione Festival della Commedia Antica di Marzabotto, in collaborazione con Politecnico Teatro di Roma e Rosae Open Art Associazione Culturale
Regia Roberto Zorzut
Movimenti scenici Michèlle Sigillo Ellis
Scenografia e costumi Marina Schindler
Musiche originali eseguite dal vivo di Claudio Carboni e Daniele Biagini
Con Cinzia Maccagnano, Fabio Pappacena, Andrea Bonella, Ketty Di Porto, Arianna Saturni, Roberto Zorzut



Alessandria d’Egitto, V sec. d.C : la vicenda storica di Ipazia si compie nella transazione traumatica e tragica da una civiltà fi orita nel segno della ragione e ormai giunta al tramonto, a una nuova religione, quella cristiana, che dava coscienza a moltitudini di esclusi. La marcia verso il futuro dei “nuovi barbari” aveva qualcosa di inesorabile: alla “romanità spaurita” si poneva lo stesso dilemma che oggi turba l’Europa: trattare o non trattare con i nuovi barbari? Ipazia (fi losofa e matematica ed eminente rappresentante del mondo neoclassico al tramonto) massacrata su istigazione del vescovo cristiano Cirillo, è la fi gura che testimonia il dramma del mutamento storico. Il poeta Mario Luzi tuttavia preferisce vedere nella vicenda di Ipazia, sotto le spoglie di dramma storico, un dramma religioso, inteso come sacralità del mutamento, che non è soltanto della storia, ma anche dell’anima.

1 gennaio 2013

Secondo Ponzio Pilato, regia Antonello Avallone

“Secondo Ponzio Pilato”
dall’omonimo film scritto e diretto da Luigi Magni
versione teatrale e regia Antonello Avallone

Il testo rilegge un capitolo di storia sacra puntando sul probabile sconcerto provocato nel governatore romano della Giudea dalla resurrezione di Cristo. Il Ponzio Pilato di Magni è il portavoce di uno scetticismo laico che, dinanzi ai miracoli, altri definirebbero buonsenso: soltanto sul finire si addossa tutta la responsabilità di aver mandato a morte Cristo e chiede a Tiberio, che lo accontenta, di essere decapitato affinché la colpa della crocifissione non ricada sugli ebrei.


Trama
Dopo la condanna, Gesù di Nazareth viene crocifisso sul Calvario. Un tarlo però comincia a rodere la coscienza del Governatore delle Giudea Ponzio Pilato, poiché quell'uomo poteva davvero essere innocente della accuse rivoltegli. Quando il fido centurione Valeriano gli fa sapere che il sepolcro è vuoto, che Giuseppe di Arimatea (messo sotto chiave dai sospettosi sacerdoti del Sinedrio) è inesplicabilmente evaso e che lo stesso Gesù è stato visto da molta gente addirittura ascendere al cielo, il tarlo diventa rovello e la curiosità inquietudine. Mentre qualche soldato comincia a disertare, e la moglie Claudia e Valeriano partono per la Galilea dove Gesù è stato visto, affascinati dal Messia in cui ormai credono, Ponzio Pilato si trova assillato da un problema: pur scettico e pragmatico com'è, il mistero di quel morto che sfugge alla tomba, cammina, parla e va nel suo Regno finisce con il dominare la sua esistenza. Visitando il re Erode Antipa, lo trova nella sua piccola corte, preoccupato ed impaurito a sua volta. Convintosi, infine, che la morte del Cristo è colpa sua, mentre il popolo ebreo deve esserne scagionato anche per le generazioni che verranno, Pilato si reca a Roma. Alla presenza dell'imperatore Tiberio, il cui volto è deturpato dalla lebbra, Pilato vi applica il sudario: il volto di Cesare è risanato. Eppure Pilato chiede a quest'ultimo di essere decapitato. La crocifissione di Gesù di Nazareth, di quell'innocente, è stata un errore tragico, le cui conseguenze non possono ricadere che su colui che l'ha decretata. Solo con la morte Pilato potrà porre fine al suo dubbio, ormai devastante fino alla follia. -


NOTE DI REGIA
Vedendo il film siamo rimasti coinvolti, oltre che dall’originalità con cui viene trattata una storia così drammatica, o per meglio dire la Storia, dai dialoghi così particolarmente teatrali.
Il testo, spesso commovente, possiede anche una forte componente ironica che conduce ad una ilarità quasi liberatoria, dovuta, in primis, allo scetticismo e all’apparente distacco del personaggio di Pilato dai fatti che gli accadono intorno (non si può negare che molti di noi rimangono attratti dal fatto che il protagonista si ponga degli interrogativi, faccia delle considerazioni che nessuno di noi ha mai osato fare in pubblico), ma anche, in particolare, al linguaggio romanesco con cui l’autore ha saputo così elegantemente colorire la storia, fornendo al tutto un sapore di cose quotidiane, concrete. Un sapore che, a nostro avviso, costituisce uno degli aspetti più comunicativi ed efficaci per una ancora maggiore fruizione della storia soprattutto da parte, appunto, degli scettici e dei non credenti. L’insieme di tutti questi fattori ci ha fatto ritenere il testo ricco di una forte valenza teatrale, ovvero capace di esaltare l’effetto emozionale che uno spettacolo dal vivo può regalare..
La versione teatrale è rigorosamente fedele all’originale, sia nel copione in senso stretto che nelle intenzioni che accompagnano il flusso della storia mostrando, in modo parallelo, gli avvenimenti della Passione di Cristo.
L’atmosfera del film è ricreata facendo uso di brani della colonna musicale del M° Angelo Branduardi. I ruoli in dialetto romanesco saranno rigorosamente interpretati da attori romani…di Roma.


Antonello Avallone ha già portato, in esclusiva, con grande successo di critica e di pubblico altri due capolavori di Luigi Magni: IN NOME DEL PAPA RE (125 repliche) e NELL’ANNO DEL SIGNORE (40 repliche) ed è l’unico al quale Magni ha dato la possibilità di portare in teatro ben 3 sceneggiature di suoi film.

AS YOU LIKE IT Commedia con Musiche


AS YOU LIKE IT
Commedia con Musiche
di William Shakespeare traduzione e adattamento Maurizio Panici e Alice Spisa regia Maurizio Panici
musiche originali dal vivo di Ambrogio Sparagna eseguite dall’Orchestra Popolare Giovanile progetto visivo Andrea Giansanti

cast in via di definizione (14 attori-6 musicisti)

AS YOU LIKE IT è una commedia con musiche il cui progetto nasce dalla collaborazione tra l’Orchestra Popolare Giovanile di Ambrogio Sparagna e la Compagnia dei Giovani di Ar.Té diretta da Maurizio Panici costituite entrambe ad Orvieto sostenute dal Teatro Mancinelli.
Quattordici attori danno vita ad una rappresentazione vitale, cinica e disincantata sul tema dell’amore e dell’inganno, una serie di riflessioni sull’esercizio del potere e sulla necessità di trovare un’alternativa ad un mondo corrotto e violento, espressione di una corte crudele dominata dal malaffare.
Il nostro spettacolo vuole restituire il senso profondo della scrittura, la musica non è cornice ma è protagonista tra i protagonisti, un linguaggio che ha la forza di parlare direttamente al cuore delle persone modificando i percorsi.
La musica lenisce la ferita d'amore, accompagna l'allegria e la scoperta, si fa intima con i luoghi del cuore.

Un allestimento vivo e pulsante come la vita.
in collaborazione con Versiliana Festival
debutto nazionale Versiliana Festival 2 agosto 2013
disponibilità dal 3 agosto


Per maggiori informazioni www.argot.it
E-mail: produzione@argot.it
Tel: 06 58 9 84 08 Fax: 06 97 25 74 06
Cell : +39 3356074686 - +39 339 85 77 434

IL MIO COPPI- pedala, pedala…Pamela Villoresi


Pamela Villoresi
------IL MIO COPPI- pedala, pedala…


soggetto di Albe Ros testo Daniela Morelli video Andrea Giansanti costumi Lucia Mariani regia Maurizio Panici.
Una donna sola al comando della scena: è Pamela Villoresi, in sella a una bicicletta, che interpreta il personaggio di Maria, sorella maggiore di Fausto Coppi.
Il momento è drammatico, Coppi è in agonia e Maria cerca di trattenerlo con la forza della sua pedalata e con la memoria di una vita vissuta in fuga.
Attraverso la fatica del campione che con la propria energia, con il corpo, la tenacia e la passione, sfida da solo il mondo, riscopriamo la fatica di una nazione che si stava ricostruendo, un paese che usciva da una guerra devastante e attraverso lo sport, il più povero degli sport, il ciclismo, ritrovava la voglia di uscire per le strade, ritrovava la gioia di vivere.
Ed è così, in parallelo, che il "mito" di Coppi e la sua persona si aprono a noi, per farci entrare nella storia di una generazione che costruiva faticosamente la democrazia e che anche se divisa tra i due campioni (Bartali o Coppi) si ritrovava poi insieme di nuovo per costruire un futuro comune.
in collaborazione con EnergiEmergenti


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ANTIGONE di Jean Anouilh


ANTIGONE
 

di Jean Anouilh traduzione e adattamento Maurizio Panici scene Daniele Spisa, costumi Marina Luxardo, musiche Stefano Saletti
con Roberto Latini e con (i.a.o) Lucia Cammalleri, Maurizio Panici, Rocco Piciulo, Daniele Pilli, Gioia Salvatori, Alice Spisa.

Ad un secolo dalla nascita di Jean Anouilh, celebre scrittore, regista e drammaturgo francese, torna in scena il suo lavoro più celebre e discusso, Antigone: tragedia dell'oggi, del dubbio e dell'inquietudine, conflitto tra le leggi del cuore e osservanza delle regole, linea di confine dove l'ideale giovanile si misura con l'acquisita responsabilità.
La scrittura è epica e nello stesso tempo quotidiana e minima, il conflitto con l'assoluto enorme ma reso in maniera piana, parlata e non urlata. Tutto è dichiarato, fin dal prologo che apre lo spettacolo illustrando i personaggi che reciteranno la storia.
Due giovani protagonisti, insieme alla musica fortemente evocativa, contribuiscono a riportare Antigone alla sua forza originaria dopo avere attraversato il quotidiano e il presente.


Per maggiori informazioni www.argot.it


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ECUBA

ECUBA
da Euripide, Seneca e Omero
(calendari//foto//informazioni// schede su www.danzamda.it)
drammaturgia Maccagnano/Tringali/Gatti
regia e coreografia Aurelio Gatti
musica originale Lucrezio deSeta - Marcello Fiorini
scena e costumi capannone Moliere
con Giuseppe Bersani, Carlotta Bruni,Monica Camilloni, Rosaria Iovine,Luna Marongiu, Rosa Merlino, Sara Rossi, Marica Zannettino
Camilla Diana, Ernesto Lama, Sebastiano Tringali,Riccardo Diana e Cinzia Maccagnano
Esecuzione musicale dal vivo
Lucrezio DeSeta,Marcello Fiorini,Antonio Pellegrino
luci Stefano Stacchini

Tre lingue‚ la danza‚ la musica e la parola per inviare lo stesso messaggio: ogni guerra è un immane misfatto dell'uomo‚ qualunque ne sia la causa; è un male terribile per tutti‚ vincitori e vinti; il cuore femminile‚ più di quello maschile‚ ne è travolto e grida‚ con tutta la forza della passione e dell'amore‚ fuori da ogni canone e da ogni ambiguo sofisma. Insanabile è la lacerazione di una madre‚ di una sposa‚ di una sorella o di una figlia‚ insostenibile la loro sofferenza‚ irrefrenabili la loro maledizione e la loro vendetta. Il teatro tragico greco è in tal modo rimesso al centro e restituito al suo autentico ruolo di provocatore delle grandi domande sull'uomo‚ diviso tra la costrizione del razionale e il fascino‚ spesso agghiacciante‚ dell'irrazionale.
Da queste considerazioni nasce questa messa in scena in forma di tragedia corografica.
Ecuba prim'anco che esprimere il pathos della madre/regina‚ vive la prostrazione di fronte al potere: ragionato‚ comunicato‚ significato da Ulisse che – in piena tragedia – chiede comprensione In Ecuba decade ogni pensiero “politico” e prevale -in tutta la sua esasperazione‚ il senso di sgomento prima e di rivolta poi.
Il “vuoto” che la guerra lascia non distingue vinti o vincitori: dopo lo scontro‚ la distruzione‚ le vittime di entrambe le parti‚ il tempo sembra inchiodato su una spiaggia/deriva uguale per entrambi come l'assenza di sviluppo o futuro. La mancanza di vento assurge a metafora di un tempo( fin troppo simile al contemporaneo) dove si sopravvive alla propria immobilità.
Un ensamble di oltre quindici artisti tra danzatori‚ attori e musicisti per dar vita ad una vicenda che di intimo ha solo l'attonito ricordo di Polissena‚ il resto è solo straziante urlo prima dell'annientamento. Già‚ perché la cagna/Ecuba nasce dalla consapevolezza dell'annullamento di una stirpe‚ di una città e della sua civiltà: Ecuba assurge a estrema difesa dell'identità e della storia‚ donna - prima ancora che regina - che cerca strenuamente di "salvare" la memoria di una razza‚ di un popolo e di una discendenza..... Regale e regina nelle Troiane e in tutta la prima parte dell' Ecuba..... fino alla scoperta dell'uccisione del piccolo Polidoro. La distruzione sistematica di Troia‚ dei suoi palazzi‚ delle sue mura e delle genti troiane sino a quel punto sono " sopportabili " nella speranza segreta che memoria e progenie possano essere salve presso l'alleato e amico Polimestore.

«L'Ecuba si apre con l'apparizione di un fantasma: Polidoro‚ figlio di Ecuba e di Priamo‚assassinato per avidità di denaro dal suo ospite Polimestore‚ re di Tracia‚ lamenta il destino che l'ha colpito e rivela che l'ombra di Achille ha chiesto ai Greci in olocausto per la propria tomba sua sorella Polissena. Svanito il fantasma che aleggiava sulla tenda di Ecuba‚ la regina esce piena di angoscia:
ha visto in sogno Polidoro e Polissena‚ e un lupo sbranare una cerva‚ strappandola alla sua protezione. Il Coro precisa come si è svolta l'assemblea in cui i Greci hanno votato la morte di Polissena: Odisseo ha avuto l'incarico di prelevare la vittima. Ecuba si dirige‚ lacrimando e gridando‚ verso la tenda di Polissena: e sarà la fanciulla destinata al sacrificio a consolare la madre. Si presenta Odisseo per il suo increscioso compito: Ecuba fa appello alla gratitudine che l'eroe le deve ‚ l'eroe si richiama freddamente alle ragioni politiche che impongono l'uccisione di Polissena. Improvvisamente interviene Polissena e si dichiara pronta a morire‚ si congeda con dolcezza dalla madre: Ecuba si accascia al suolo. Le Donne del Coro si domandano quale terra‚ quale dimora le attenda nel loro esilio di schiave. L'araldo Taltibio porta a Ecuba l'ordine dei comandanti greci: provvedere alle esequie di Polissena‚ e racconta anche con quanta nobiltà e coraggio la giovane abbia affrontato l'istante supremo. Ecuba impartisce le disposizioni per i funerali. Il Coro geme sulle proprie sventure‚ sui mali causati da Paride a Troiani e Spartani. Un'Ancella reca a Ecuba la notizia della morte di Polidoro e ne mostra il cadavere: Ecuba capisce subito chi sia l'assassino e il perché del crimine. Agamennone viene a sollecitare i preparativi funebri e si trova davanti un inatteso cadavere: Ecuba spiega cosa sia accaduto e chiede‚ esige mano libera contro Polimestore. Le viene accordata: manda allora l'Ancella da Polimestore perché lo inviti a venire da lei con i figli. Il Coro rievoca l'ultima notte a Troia‚ una notte destinata all'amore e conclusasi in un bagno di sangue. Polimestore viene indotto da Ecuba‚ con il miraggio di un tesoro nascosto‚ a entrare nella sua tenda con i figli: assalito e immobilizzato dalle Donne‚ li vedrà morire prima di essere accecato. Chiederà ad Agamennone vendetta‚ ma l'operato di Ecuba riceve l'avallo del comandante dei Greci‚ che si rifiuta di considerare delitto politico il delitto commesso da Polimestore. Il re tracio profeta il futuro orribile che attende Ecuba - verrà trasformata in cagna‚ e Agamennone -verrà ucciso dalla moglie: Agamennone ordina di farlo tacere e lo destina a venir gettato su un'isola deserta»

CASSANDRA o del tempo divorato


CASSANDRA o del tempo divorato
opera per danza teatro e musica
 (calendari//foto//informazioni// schede su www.danzamda.it)
da Seneca, Eschilo, Euripide,Jean Baudrillard e il contributo di Massimo Fini
drammaturgia Pozzi/Gatti
coreografia Aurelio Gatti
Musiche originali Daniele D’angelo
costumi Livia Fulvio
luci Stefano Stacchini 
realizzazione scene CAPANNONE MOLIERE

con Elisabetta Pozzi
Carlotta Bruni, Rosa Merlino

Un nuovo lavoro dedicato ad una tra le più fragili eroine classiche.
Elisabetta Pozzi è la protagonista di una drammaturgia che esprime, attraverso il mito di Cassandra, la consapevolezza "solitaria" del percepire l'imminente , quasi una empatia universale, in cui la tragedia non è quanto avviene,ma l' "impotenza" a comunicarlo.

Una messa in scena che prosegue l'esperienza di "Sorelle di Sangue – Crisotemi" e che si caratterizza per l'uso di diversi codici espressivi, la musica, la danza e la parola per restituire una lirica del tragico, scarna ed essenziale, in cui la contemporaneità "passa" attraverso l'interprete che si fa significato del presente.
La figura di Cassandra mi ha sempre affascinato e nello stesso tempo turbato.
Profetessa non creduta... mi suggerisce la visione di un personaggio estremamente vivo che può arrivare ai giorni nostri per raccontarci qualcosa che ci riguarda molto da vicino.
La consapevolezza (ora come allora) degli errori commessi nel passato dai Padri,la porta ad essere talmente cosciente e lucida sul futuro da avvertire l'inadeguatezza del linguaggio per dire del vivere nel presente all'ombra della distruzione. Questa nuova Cassandra è una donna contemporanea che attraverso un viatico "straordinario" ripercorre la veggenza inevitabile della conoscenza attraverso il mito e nel racconto di questi, si fa ella stessa Cassandra, ritrova le sue parole che pian piano diventano parole di oggi,il racconto di un mondo in cui la proliferazione di una tecnologia spesso distruttiva, annulla il futuro, elimina ogni visione e prospettiva .

Elisabetta Pozzi

S O L E di e con Valentina Capone


S O L E
di e con Valentina Capone
liberamente tratto da Le Troiane e da Ecuba di Euripide
regia, ideazione spazio scenico, costumi Valentina Capone
assistenti alla regia Rascia Darwish, Alessandro Rinaldi
maschere Stefano Perocco Di Meduna
tecnica Ciro di Matteo
foto di scena Irene De Caprio, Alessandro Rinaldi

(calendari//foto//informazioni// schede su www.danzamda.it)
Sole è nato nel 2002, dedicato a Leo de Berardinis 

Valentina Capone- PREMIO ETI-GLI OLIMPICI DEL TEATRO cat. ATTORI EMERGENTI 2009 con lo spettacolo SOLE

La vicenda de Le Troiane è nota: sullo sfondo di Troia in fiamme, le prigioniere di guerra sono alla mercè dei Greci, vincitori con l’inganno del cavallo di legno.
La partenza delle navi si affretta, mentre, in un incendio totale, la città di Troia rovina, con sinistri fragori. Nell’aria i lamenti delle donne di Ilio, sole. Arrivano, poi vengono portate via, come dal vento, e lasciano una realtà non definibile, nella quale ciò che chiamiamo Destino o Dio o Legge di Natura, può trasformare tutto nel suo opposto; chi era libero e potente adesso è schiavo, chi rideva, piange. Voi che sembrate ora felici. La realtà ed il suo contrario nel simbolo del Sole, che illumina e dà la vita e che, allo stesso tempo, quella stessa vita essicca.

I testi di riferimento di Sole sono principalmente Ecuba e Le Troiane. La tecnica compositiva utilizzata consiste in una successione di momenti, senza un nodo tragico e accentratore dell’azione: l’unità va ricercata nel clima sentimentale e tonale. In questa struttura, durante il processo creativo si sono inseriti suoni, parole e frammenti altri. Tra questi, la “piccola” storia di Etora, un personaggio di pura fantasia che commenta l’azione e le apparizioni sulla scena dal suo punto di vista e che spezza parzialmente il ritmo tragico e suggerisce un’altra dimensione in cui vivere il dramma, anche se, inevitabilmente, viene via via assorbita dall’insensatezza della guerra e dall’immobilità dell’attesa, che tutto rende minaccioso e tutti paralizza.

In Sole non ci sono distinzioni nette tra Bene e Male, non ci sono categorie assolute, assolute certezze. In Sole, semplicemente, ci sono frammenti di poesia e di lacrime che si chiamano tra loro, che allargano la dimensione della Storia per giungere alla storia microscopica ed enorme che faticosamente tutti sopportiamo dentro, più o meno consapevolmente, e che nonostante tutto, non vogliamo dimenticare perché è proprio “la nostra”.

Sole è uno spettacolo visionario, in cui le musiche e le luci non sono mai di accompagnamento ma diventano esse stesse sensazione. . La scenografia è essenziale - tre sedie ed uno scudo sospeso (il sole?) proprio perché lo spazio sia tutti i luoghi e nessuno: le rovine della città, un cimitero o forse, semplicemente, il luogo in cui ci si veste e ci si spoglia per dar vita alle singole figure ed alle maschere.”

ARGONAUTI

ARGONAUTI
da Apollonio Rodio, Valerio Flacco, Euripide, Strabone
 (calendari//foto//informazioni// schede su www.danzamda.it)
drammaturgia Maccagnano/Tringali/Gatti
regia e coreografia Aurelio Gatti
musica originale Lucrezio deSeta - Marcello Fiorini
scena e costumi capannone Moliere
con Giuseppe Bersani, Carlotta Bruni, Luna Marongiu, Rosa Merlino, Marica Zannettino,
Sebastiano Tringali e Cinzia Maccagnano
Esecuzione musicale dal vivo Lucrezio DeSeta,Marcello Fiorini


La nave salpa, salutata da un'immensa folla. Mentre si allontana dalla spiaggia Orfeo leva in alto il suo canto, accompagnando il ritmo dei remi che tagliano le onde azzurre del mare.
…...........E quando la polvere e il fumo cominciano a diradarsi, scarmigliato e lucido di sudore appare Giasone. Guida con fermezza le belve, che trascinano l'aratro d'acciaio. Gli animali arano la terra, mentre l'eroe sparge nei solchi i denti di drago che Eeta gli aveva consegnato. Col sorgere della luna, nel campo arato, si delineano delle forme che diventano sempre più grandi e più chiare. È un esercito immane di guerrieri che viene fuori dal terreno. Giasone, seguendo ancora una volta il consiglio di Medea, scaglia nel mezzo di questi strani e misteriosi esseri un grosso sasso.................….. Quando finalmente la nave Argo approda sulle coste elleniche gli Argonauti si rendono conto che al termine di quell'avventura non portano con se solo il prezioso e magico vello d'oro, ma ognuno ha acquisito doni più' grandi come la coscienza dell'essere e la conoscenza dell'ignoto. Le avventure e le continue peripezie li hanno forzatamente coinvolti in situazioni imprevedibili, proiettandoli in mondi sconosciuti e a contatto con civiltà' ignote, dai costumi e dalle idee spesso diverse, se non addirittura opposte alle loro.
Ed e' qui, che accettare di mettere in campo le proprie certezze e confrontarle in quelle di altri uomini fu senz'altro la vera, straordinaria dimostrazione di spregiudicata intelligenza degli Argonauti e lo e' ancora oggi per tutti gli altri navigatori che decidono di uscire dalla rotta stabilita dalla convenienza e dalle consuetudini per rischiare di sballare, buttare a mare, le proprie convinzioni ormai ben ancorate nel calmo golfo dell'inamovibile buonsenso.
In realtà, il loro è un viaggio onirico, visionario, tramite il quale raggiungeranno il fondo della loro anima, quel luogo remoto e inviolato dove appare la luce della coscienza, della consapevolezza. Un viaggio di iniziazione per danza, teatro e musica.

PIZIA'ncora


PIZIA'ncora
tragicommedia in coreodramma
 (calendari//foto//informazioni// schede su www.danzamda.it)
drammaturgia Tringali/Gatti
regia e coreografia Aurelio Gatti
musica originale Miriam Palma/ Massimo Giannotta
scena e costumi capannone Moliere
con Carlotta Bruni, Monica Camilloni, Rosa Merlino, Marica Zannettino
e Ernesto Lama, Sebastiano Tringali e Miriam Palma

…...Tu, Pannychis, vaticinasti con fantasia, capriccio, arroganza, addirittura con insolenza irriguardosa, insomma: con arguzia blasfema. Io invece commissionai i miei oracoli con fredda premeditazione, con logica ineccepibile, insomma: con razionalità. Ebbene devo ammettere che il tuo oracolo ha fatto centro.[…] Il tuo improbabilissimo responso si è avverato, mentre sono finiti in niente i miei responsi così probabili e dati ragionevolmente con l’intento di far politica, e cambiare il mondo, e renderlo più ragionevole...........

Le profezie erano rese dalla sacerdotessa del culto di Apollo, la Pitia o Pizia, che durante le sue funzioni di officiante di Apollo era solita sedere su di un tripode, il simbolo del Dio. Tributari del tempio erano uomini di ogni classe …. La domanda da porre al Dio per bocca della Pizia era affidata ad un sacerdote del tempio, il quale la consegnava alla sacerdotessa. L’attesa della risposta di Apollo era scandita da un rituale, la sacerdotessa sedeva sul tavolo a tre gambe in attesa dell’ispirazione divina, quindi pronunciava la profezia. Cadeva in una sorta di trance ipnotica e solo in quel particolare stato di semicoscienza donava le sue predizioni. Una volta ottenuta la risposta, che in genere aveva un significato ambiguo e difficilmente interpretabile in modo univoco, la Pizia comunicava il messaggio ad un altro sacerdote che a sua volta lo trascriveva e lo consegnava a chi aveva posto la domanda.

Pizia non da risposte ma è creatrice del dubbio. Del resto, non dovremmo mai smettere di interrogarci ed interrogare gli altri. Peccato che spesso gli uomini rifuggano dal dubbio e non coltivino la loro capacità di raziocinio ma, “per amore del quieto vivere”, preferiscano accettare acriticamente tesi precostituite e addirittura - triste verità - “inventarsi le teorie più assurde per sentirsi in perfetta sintonia con i loro oppressori”. E la Pizia è interprete prima della týche, il caso, ciò che sfugge alla previsione dell'uomo e determina, al di là della volontà e della coscienza dei protagonisti, il gioco capriccioso degli eventi. La sacerdotessa ricorre con frequenza agli equivoci, agli intrighi, ai riconoscimenti, fino all'apparizione finale del “deus ex machina”.

Caligola

CALIGOLA
da Camus
(calendari//foto//informazioni// schede su www.danzamda.it)
drammaturgia Maccagnano/Tringali/Gatti
regia e coreografia Aurelio Gatti
musica originale Lucrezio deSeta
scena e costumi capannone Moliere
con Luna Marongiu, Sara Rossi, Marica Zannettino
Sebastiano Tringali, Claudio Casadio, Valentina Capone
e quindici anziani senatori

Ma non sono pazzo e posso dire perfino di non essere mai stato così ragionevole come ora. Semplicemente mi sono sentito all'improvviso un bisogno di impossibile. Le cose così come sono non mi sembrano soddisfacenti. [...] È vero, ma non lo sapevo prima. Adesso lo so. Questo mondo così com'è fatto non è sopportabile. Ho bisogno della luna, o della felicità o dell'immortalità, di qualcosa che sia demente forse, ma che non sia di questo mondo.

Dal Caligola opera teatrale di Albert Camus, elaborato in diverse versioni dal 1937 al 1958. Testo incentrato sul delirio del potere, rappresentato per la prima volta a Parigi nel 1945. Camus lavorò a questo testo nel corso di vent'anni – dal 1937 fino alla versione "definitiva" pubblicata nel 1958. La rielaborazione fu profonda: le tre stesure definitive presentano rilevanti differenze. Nella versione del 1941 acquistano rilievo i personaggi dello schiavo Elicone e del letterato Cherea, filosofo materialista che fa da antagonista allo stesso imperatore.

L’opera inizia con la scomparsa di Caligola in seguito alla morte della sorella/amante Drusilla, un personaggio chiave sul quale gravita la “trasformazione” dell’imperatore, che viene descritto dai senatori come un principe ideale: un condottiero, generoso e amato dal popolo, ma con un difetto, amava troppo la letteratura. La narrazione di Camus è molto veloce come la trasformazione dell'imperatore... Caligola è in preda alla pazzia ma con i suoi comportamenti influenza e mette nella condizione di interrogarsi : costringe a pensare , mette in pericolo la normalità,... il dramma di Camus si conclude con il discorso in cui Caligola comprende che la felicità è irraggiungibile ma anche il dolore non ha senso perché nulla dura a lungo. In questa sintesi la libertà perché non si è più soggetto ai ricordi o alle illusioni, ma anche la consapevolezza del “vuoto” : Caligola si rende conto di essere vuoto, non possiede niente, nemmeno la paura della morte dura molto e ciò che gli resta, come dice lui stesso, è solo “un grande buco vuoto nel quale si agitano le ombre delle mie passioni”.

BATRACOMIOMACHIA LA BATTAGLIA DEI TOPI E DELLE RANE


Di Giacomo Leopardi
con Natalino Balasso – voce narranteClaudio Carboni - sassofoniCarlo Maver - bandoneon
Pasquale Mirra - vibrafono
Musiche di Carlo Maver e Claudio Carboni

Una produzione Festival della Commedia Antica di Marzabotto
a cura di Simonetta Monesi

in collaborazione con Teatria srl
Distribuzione Gershwin Spettacoli Booking & Management - Via Tonzig, 9 - 35129 Padova
Responsabile agenzia Andrea Zangirolami 348/9491132 - fax: 049/7929412 e-mail: info@gershwinspettacoli.com
www.gershwinspettacoli.com


La "Battaglia dei topi e delle rane" (Batracomiomachia) è un poemetto pseudo omerico, probabilmente di epoca ellenistica: lo stile omerico delle grandi battaglie, dei duelli, delle sfide fra i guerrieri viene imitato alla perfezione e piegato a una ridicola guerra fra topi, rane e granchi.
La Batracomiomachia è uno dei pochi testi pervenutici integri di quel filone di poesia parodica e scherzosa che dovette avere non poca diffusione probabilmente in ogni epoca della letteratura greca. La guerra dei topi e delle rane, in particolare, recupera tematiche, scene e motivi dell’epica arcaica sovvertendoli in chiave di parodia. Così, ad esempio, i concili degli dèi, la rassegna dei guerrieri, le esortazioni e le scene di battaglie con particolare attenzione dedicata alle varie tipologie di morte fanno parte del bagaglio tradizionale dell’epica, con speciale riferimento all’Iliade (ad esempio la trappola per topi è definita "inganno di legno" con evidente riferimento al cavallo di Troia), e trasferite nel contesto dei combattimenti tra topi e rane producono un notevole effetto di straniamento. Allo stesso modo, i combattenti sono modellati sui guerrieri greci e troiani che combatterono intorno a Troia. Funzione parodica ha soprattutto il lessico, anch’esso derivato dalla tradizione epica, ma rielaborato con iperboli e procedimenti di accumulo, come nella descrizione dei granchi, che vengono presentati da una serie lunghissima di aggettivi composti.
Testo amatissimo, sulla cui attribuzione nei secoli i filologi si sono divisi (e molti lo hanno considerato opera originale di Omero). Questo testo è impreziosito dalla traduzione in forma poetica fluente e ricca di Giacomo Leopardi.
Sul palco la voce narrante di Natalino Balasso e le musiche di un trio d'eccezione – composto da Claudio Carboni ai sax, Carlo Maver al bandoneon e Pasquale Mirra al vibrafono – rievocheranno in maniera inedita questa battaglia in uno spettacolo assolutamente da non perdere.


Note biografiche di Natalino Balasso
Attore, comico e autore di teatro, cinema, libri e televisione, debutta nel 1990 in teatro, nel1998 in televisione, nel 2007 al cinema e pubblica libri dal 1993. Scrive e rappresenta numerosi spettacoli tra cui la commedia Dammi il tuo cuore, mi serve (2003) i monologhi Ercole in Polesine (2004), La tosa e lo storione (2007), L’Idiota di Galilea (2011), Stand Up Balasso (2011) e insieme a una giovane compagnia rappresenta Fog Theatre (2009) un colossal teatrale di dieci spettacoli da lui scritti.
Interpreta spettacoli per la regia di Gabriele Vacis, Libera Nos (2005), Viaggiatori di pianura-tre storie d’acqua (2008), Rusteghi–i nemici della civiltà (2011) e per la regia di Paolo Valerio e Piermario Vescovo La bisbetica domata (2009). Con Jurij Ferrini interpreta Aspettando Godot (2012) per la regia dello stesso Ferrini. Pubblica una raccolta di racconti: Operazione buco nell’acqua (Sperling & Kupfer 1993) e  tre romanzi: L’anno prossimo si sta a casa (Mondadori 2004), Livello di guardia (Mondadori 2007), Il figlio rubato (Kellermann 2010). Nel 2012 pubblica Dio c’è ma non esiste (Editori Riuniti 2012). Al cinema lavora con Gianni Zanasi Non pensarci, con Carlo Mazzacurati La giusta distanza e La Passione, con Massimo Venier Generazione mille euro, con Federico Rizzo Fuga dal call center. Per la televisione recita nella fiction Padri e Figli  (G.Zanasi e G.Albano) e nel film Il segreto dell’acqua (R.De Maria). Il canale di Rai 5 trasmette gli spettacoli Ercole in Polesine (febbraio 2011), Dammi il tuo cuore, mi serve (giugno 2012) e Fog Theatre (novembre 2012).  E’ autore e interprete di apprezzati video comici a sfondo sociale per youtube. Collabora con il Fatto Quotidiano.it












Puggili


Di Alessandro Canale
con Antonello Avallone e Patrizia Ciabatta
Regia Antonello Avallone
Prodotto da Compagnia di Prosa “IL PUNTO” 
responsabile organizzativa Red Bodò 349/7876294

Durante l’incontro per il titolo italiano dei pesi medi, un pugile rivive, attraverso i ricordi del suo sanguigno allenatore Artemio e della giovane e intraprendente moglie Moira, tutte le tappe che lo hanno condotto a quel momento così importante della sua carriera. Dalla palestra frequentata da ragazzino dodicenne, alla sua prima esperienza amorosa, ai conflitti tra le due persone più importanti della sua vita. Infatti i veri pugili sono proprio Artemio e Moira che da più di dieci anni combattono tra di loro nel tentativo di ottenere il potere assoluto su di lui.
Un testo mozzafiato, senza un attimo di pausa, dove risalta la bravura dei due interpreti ed una regia di grande atmosfera.
Uno spettacolo dai contenuti  fondamentalmente drammatici che non rinuncia, grazie a situazioni tragicomiche e  ad un coloratissimo dialetto romanesco, a numerosissimi momenti di comicità. La doppia “g” del titolo è lì proprio a sottolineare l’ambientazione nella periferia della Capitale.







CIRCE La figlia del Sole


Dramma Satiresco di  Ettore Romagnoli
Adattamento e Regia  Vito Cesaro
Con Eva Grimaldi, Vito Cesaro, Massimo Pagano, Claudio Lardo e  Eduardo Di Lorenzo
Musiche Massimo Pagano
Coreografie Marina Ansalone
Scene e Costumi Luca De Nicola
Prodotto da Assoteatro- sede legale : Via G.Carducci,54-84092 – Bellizzi (SA) P.iva 04758460655
mail: assoteatro2013@libero.it  tel/fax : 0828.51960
disponibile da luglio 2013
                                                                                 

Circe (Eva Grimaldi) è una dea della religione greca, figlia del Sole e  vive nell'isola di Eea. L'isola è coperta da una  fitta vegetazione, sembra disabitata. Ercole e il suo fido compagno Cercopo ( Vito Cesaro) scendono dalla nave per  riposarsi al fresco dei baobab  ma non riescono a chiudere occhio  a causa di alcune presenze strane:dei porci che parlano. Durante la permanenza sull’isola Ercole e Cercopo scopriranno, grazie a delle informazioni date da un porco Filosofo, che quei ciacchi sono degli uomini trasformati dalla maga . I due apprenderanno che la Dea attrae a se tutti gli uomini grazie alla sua bellezza e alla sua simpatia, nessuno può resistere al suo fascino, tutti cadono nelle trame della maga ma, nonostante tutto, Ercole non vuole dare ascolto al filosofo e intende intraprendere una nuova avventura,nonostante le insistenze di Cercopo a fuggire e lasciare l’isola. Ercole impavido,forte per aver sconfitto i Centauri, Cerbero e l’idra Lernea  decide di affrontare Circe per salvare tutti coloro che sono stati trasformati in maiali. Purtroppo le cose andranno diversamente e in una serie di rocambolesche situazioni ai limiti della farsa nuda e cruda,come accade in quasi tutte le commedie classiche, spetterà al compagno furbo risolvere la situazione. Ovviamente non vi dirò come!
Questo dramma Satiresco,rappresentato per la prima volta al Carlo Felice di Genova nel 1924 è stato scritto da Ettore Romagnoli  grecista e letterato italiano, docente universitario  a Catania, Roma e Milano. Divenne celebre come saggista e critico letterario, traducendo con grande perizia critica varie opere greche tra cui, le tragedie di Euripide, Eschilo e Sofocle, le commedie di Aristofane, l'Iliade e l'Odissea di Omero. Il lavoro originario era titolato ” La Figlia del Sole”  e come altri testi teatrali del primo 900 era scritto in rime. Il lavoro di adattamento, nel rispetto del testo originario, lo ha reso più scorrevole,veloce,con battute comiche a chiusura che ne spostano l’asse da dramma in rime  a commedia brillante - comica. I personaggi della commedia sono particolari,divertenti,caratterizzati e per certi versi surreali. Si muoveranno in una scena sfavillante  e  colorata. Le scene sono realizzate da Luca De Nicola ,i costumi curati da Peppe Volturale e le musiche  da Massimo Pagano. Mi sembra di non aver dimenticato niente, se l’ho fatto mi scuserete. Che dire ancora… Buon divertimento.
VITO CESARO