ECUBA
da Euripide, Seneca e Omero
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drammaturgia Maccagnano/Tringali/Gatti
regia e coreografia Aurelio Gatti
musica originale Lucrezio deSeta - Marcello Fiorini
scena e costumi capannone Moliere
con Giuseppe Bersani, Carlotta Bruni,Monica Camilloni, Rosaria Iovine,Luna Marongiu, Rosa Merlino, Sara Rossi, Marica Zannettino
Camilla Diana, Ernesto Lama, Sebastiano Tringali,Riccardo Diana e Cinzia Maccagnano
Esecuzione musicale dal vivo
Lucrezio DeSeta,Marcello Fiorini,Antonio Pellegrino
luci Stefano Stacchini
Tre
lingue‚ la danza‚ la musica e la parola per inviare lo stesso messaggio:
ogni guerra è un immane misfatto dell'uomo‚ qualunque ne sia la causa; è
un male terribile per tutti‚ vincitori e vinti; il cuore femminile‚ più
di quello maschile‚ ne è travolto e grida‚ con tutta la forza della
passione e dell'amore‚ fuori da ogni canone e da ogni ambiguo sofisma.
Insanabile è la lacerazione di una madre‚ di una sposa‚ di una sorella o
di una figlia‚ insostenibile la loro sofferenza‚ irrefrenabili la loro
maledizione e la loro vendetta. Il teatro tragico greco è in tal modo
rimesso al centro e restituito al suo autentico ruolo di provocatore
delle grandi domande sull'uomo‚ diviso tra la costrizione del razionale e
il fascino‚ spesso agghiacciante‚ dell'irrazionale.
Da queste considerazioni nasce questa messa in scena in forma di tragedia corografica.
Ecuba
prim'anco che esprimere il pathos della madre/regina‚ vive la
prostrazione di fronte al potere: ragionato‚ comunicato‚ significato da
Ulisse che – in piena tragedia – chiede comprensione In Ecuba decade
ogni pensiero “politico” e prevale -in tutta la sua esasperazione‚ il
senso di sgomento prima e di rivolta poi.
Il
“vuoto” che la guerra lascia non distingue vinti o vincitori: dopo lo
scontro‚ la distruzione‚ le vittime di entrambe le parti‚ il tempo
sembra inchiodato su una spiaggia/deriva uguale per entrambi come
l'assenza di sviluppo o futuro. La mancanza di vento assurge a metafora
di un tempo( fin troppo simile al contemporaneo) dove si sopravvive alla
propria immobilità.
Un
ensamble di oltre quindici artisti tra danzatori‚ attori e musicisti
per dar vita ad una vicenda che di intimo ha solo l'attonito ricordo di
Polissena‚ il resto è solo straziante urlo prima dell'annientamento.
Già‚ perché la cagna/Ecuba nasce dalla consapevolezza dell'annullamento
di una stirpe‚ di una città e della sua civiltà: Ecuba assurge a estrema
difesa dell'identità e della storia‚ donna - prima ancora che regina -
che cerca strenuamente di "salvare" la memoria di una razza‚ di un
popolo e di una discendenza..... Regale e regina nelle Troiane e in
tutta la prima parte dell' Ecuba..... fino alla scoperta dell'uccisione
del piccolo Polidoro. La distruzione sistematica di Troia‚ dei suoi
palazzi‚ delle sue mura e delle genti troiane sino a quel punto sono "
sopportabili " nella speranza segreta che memoria e progenie possano
essere salve presso l'alleato e amico Polimestore.
«L'Ecuba
si apre con l'apparizione di un fantasma: Polidoro‚ figlio di Ecuba e
di Priamo‚assassinato per avidità di denaro dal suo ospite Polimestore‚
re di Tracia‚ lamenta il destino che l'ha colpito e rivela che l'ombra
di Achille ha chiesto ai Greci in olocausto per la propria tomba sua
sorella Polissena. Svanito il fantasma che aleggiava sulla tenda di
Ecuba‚ la regina esce piena di angoscia:
ha
visto in sogno Polidoro e Polissena‚ e un lupo sbranare una cerva‚
strappandola alla sua protezione. Il Coro precisa come si è svolta
l'assemblea in cui i Greci hanno votato la morte di Polissena: Odisseo
ha avuto l'incarico di prelevare la vittima. Ecuba si dirige‚ lacrimando
e gridando‚ verso la tenda di Polissena: e sarà la fanciulla destinata
al sacrificio a consolare la madre. Si presenta Odisseo per il suo
increscioso compito: Ecuba fa appello alla gratitudine che l'eroe le
deve ‚ l'eroe si richiama freddamente alle ragioni politiche che
impongono l'uccisione di Polissena. Improvvisamente interviene Polissena
e si dichiara pronta a morire‚ si congeda con dolcezza dalla madre:
Ecuba si accascia al suolo. Le Donne del Coro si domandano quale terra‚
quale dimora le attenda nel loro esilio di schiave. L'araldo Taltibio
porta a Ecuba l'ordine dei comandanti greci: provvedere alle esequie di
Polissena‚ e racconta anche con quanta nobiltà e coraggio la giovane
abbia affrontato l'istante supremo. Ecuba impartisce le disposizioni per
i funerali. Il Coro geme sulle proprie sventure‚ sui mali causati da
Paride a Troiani e Spartani. Un'Ancella reca a Ecuba la notizia della
morte di Polidoro e ne mostra il cadavere: Ecuba capisce subito chi sia
l'assassino e il perché del crimine. Agamennone viene a sollecitare i
preparativi funebri e si trova davanti un inatteso cadavere: Ecuba
spiega cosa sia accaduto e chiede‚ esige mano libera contro Polimestore.
Le viene accordata: manda allora l'Ancella da Polimestore perché lo
inviti a venire da lei con i figli. Il Coro rievoca l'ultima notte a
Troia‚ una notte destinata all'amore e conclusasi in un bagno di sangue.
Polimestore viene indotto da Ecuba‚ con il miraggio di un tesoro
nascosto‚ a entrare nella sua tenda con i figli: assalito e
immobilizzato dalle Donne‚ li vedrà morire prima di essere accecato.
Chiederà ad Agamennone vendetta‚ ma l'operato di Ecuba riceve l'avallo
del comandante dei Greci‚ che si rifiuta di considerare delitto politico
il delitto commesso da Polimestore. Il re tracio profeta il futuro
orribile che attende Ecuba - verrà trasformata in cagna‚ e Agamennone
-verrà ucciso dalla moglie: Agamennone ordina di farlo tacere e lo
destina a venir gettato su un'isola deserta»